lunedì 30 marzo 2009

TIBET LIBERO! Post n° 26




Nell’ottobre del 1949, allorché il regime comunista ottenne il controllo dell’intera Cina, Radio Pechino annunciò che il Tibet era parte integrante della repubblica popolare Cinese e che l’esercito avrebbe marciato sul Tibet per “liberare i tibetani dall’oppressione degli imperialisti stranieri” (in quel periodo in tutto il paese c’erano solo sei stranieri!). L’invasione del Tibet ebbe il suo culmine nel 1959, anno in cui il Dalai lama Tenzin Gyatso dovette abbandonare il proprio paese per non essere ucciso dai cinesi.
La brutalità con cui i cinesi annientarono tutti i tentativi di indipendenza del Tibet è inimmaginabile. Migliaia di oppositori furono uccisi, compresi i monaci, altrettanti furono imprigionati e subirono atroci torture. Seguì una distruzione totale di tutti i monasteri e delle opere d’arte in essi contenute. Squadre di funzionari cinesi furono inviate nei villaggi per rieducare e incitare i contadini senza terra ad arrestare, denunciare e attaccare i “nemici del popolo” durante autentici processi farsa. I “nemici” venivano, e vengono tutt’oggi, imprigionati e costretti ai lavori forzati, quasi sempre negli enormi gulag costruiti dai cinesi nelle vaste distese desertiche dell’altopiano tibetano.
Della maggior parte dei deportati non si è avuta più notizia.
Dure persecuzioni religiose accompagnarono questi sconvolgimenti sociali.
In poche parole fu completamente sovvertito il pacifico stile di vita del popolo tibetano, in nome di una rivoluzione culturale e religiosa e per portare, come affermano i governanti cinesi: la “libertà” dopo secoli di chiusura e dittatura imposta dai monaci!!
Ricorre in questi giorni l’anniversario dell’ultimo disperato tentativo di riguadagnare l’indipendenza perduta. Tra il 10 e il 23 marzo 1959 a Lhasa, capitale del Tibet, l’intera popolazione insorse contro l’occupante cinese. La risposta fu spietata. Da quel lontano 1959 i profughi tibetani, ovunque essi si trovino, hanno sempre commemorato l’avvenimento.
Non dimentichiamo quanto hanno sofferto e quanto ancora soffrono tanti tibetani.
Auguriamoci che il sogno di un Tibet libero diventi realtà.

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